Le letture del mese – Febbraio ’19

Ecco il post di febbraio dedicato alle mie ultime letture. Il post esce con un po’ di ritardo rispetto a quanto pianificato ed è un po’ più stringato rispetto al precedente – due volumi al posto di tre – principalmente per due motivi. Il primo è che sono tornato a lavoro, per cui il tempo da dedicare alla lettura è calato drasticamente, mentre il secondo è rappresentato dal perfido morbo stagionale – influenza maledetta – che mi ha messo al tappeto per una settimana, impedendomi di fatto di scrivere, e che mi ha lasciato debilitato fino ad ora.

STIG DAGERMAN – AUTUNNO TEDESCO 

Pubblicato nel 1947, “Autunno tedesco” è la riedizione ampliata e riveduta di una serie di reportage scritti da Stig Dagerman per il quotidiano svedese Expressen. A differenza di altri cronisti affiliati alle forze alleate – oggi li chiameremmo “embedded” – che ripropongono l’immagine di un paese e di un popolo sconfitti che devono scontare le loro colpe, Dagerman ci offre un quadro vivido della vita nella Germania rasa al suolo dai bombardamenti.

Per realizzarlo non esita a “scendere in basso”, entrando nelle cantine abitate da vedove e orfani pallidi come spettri, salendo a bordo dei treni carichi di profughi espulsi dalla Baviera e dai territori sotto amministrazione sovietica, guardando dentro le pentole dove ribollono zuppe con troppa acqua e troppo poche patate. Ne risulta un racconto vivo, empatico ma al tempo stesso scevro da ogni stucchevole sentimentalismo.

Si avverte, invece, l’urgenza di comprendere e di descrivere senza filtri quella che è la realtà esperita dall’autore. Emerge in tutta la sua drammaticità il contrasto generazionale tra i giovani, cresciuti sotto la propaganda del Terzo Reich, ed i “vecchi”, accusati dai primi di non aver fatto nulla per impedire l’ascesa al potere di Hitler e, soprattutto, l’acuirsi delle differenze di classe, perchè i conti in banca, a differenza degli edifici, non subiscono i danni dei bombardamenti.

Militante anarchico, e quindi “estraneo” alla lotta politica tra democrazie liberali e Unione Sovietica, oltre che impietoso nel tratteggiare i neonati partiti tedeschi e la loro propaganda elettorale,  Dagerman non risparmia bordate nemmeno al processo di denazificazione che spesso si accaniscono contro il semplice membro del partito, quando funzionari più che compromessi con il passato regime ora collaborano impunemente con gli alleati. Quanta ipocrisia si nasconde in un sistema che permette ad un Pubblico Ministero (ex)nazista di processare qualcuno restando a sua volta impunito?

Conciso senza essere telegrafico, esauriente senza perdersi in inutili panegirici, diretto senza indugiare in brutti esercizi di retorica, “Autunno tedesco” è indubbiamente uno dei libri migliori che mi è capitato di leggere negli ultimi mesi e per questo è assolutamente consigliato.

 

CHRISTOPHER ROSS – LA SPADA DI MISHIMA

Il 25 novembre del 1970 lo scrittore Yukio Mishima si squarcia il ventre emulando il seppuku, il rituale codificato con cui i samurai ponevano fine alla loro vita. Vent’anni dopo lo scrittore Christopher Ross, appassionato di Giappone e praticante di arti marziali, giunge a Tokyo alla ricerca della lama che decapitò Mishima ed il suo secondo.

“La spada di Mishima” risulta essere non solo una lettura non particolarmente semplice, ma anche un libro piuttosto particolare. Dal punto di vista organizzativo nel volume è assente una tradizionale suddivisione in capitoli, in quanto l’autore ha preferito dividere il suo lavoro in due sezioni che coincidono bene o male ai due viaggi compiuti nella terra di Yamato. Di per sè questo non sarebbe un grande ostacolo, se non fosse per la tendenza di Ross a cambiare argomento da un paragrafo all’altro, spostando spesso la narrazione lungo la linea temporale. Questo può spiazzare il lettore e apparentemente sembra una scelta editoriale autolesionista, ma non mi stupirebbe scoprire che l’autore abbia deciso di usare questo stile per “costringere” il lettore a mettersi alla prova e ad adottare una determinata forma mentis.

“La Spada di Mishima” non è un volume biografico su Yukio Mishima. Della vita dello scrittore si parla quasi in modo marginale, ma Ross preferisce soffermarsi su tutta una serie di aspetti che normalmente vengono tralasciati e che in realtà sono quasi fondamentali per comprendere a fondo la personalità e le motivazioni del romanziere nipponico. La stessa ricerca della spada, ad un certo punto, non è più il fine, bensì il mezzo per indagare sulla natura stessa della spada giapponese, del ruolo che ricopre nella cultura tradizionale nipponica insieme a colui che la impugnava, il samurai, e al suo codice di condotta, il bushido, fino a giungere alla pratica delle arti marziali, concentrandosi sull’aikido e sullo iaido.

“La Spada di Mishima” è un libro indubbiamente molto tecnico – prova ne è l’ampio uso di termini giapponesi che richiede un altrettanto ampio glossario in appendice al testo – ma al tempo stesso molto interessante per la quantità di informazioni riportate e fonte di ispirazione per chi ha intrapreso – o ha intenzione di intraprendere – un percorso nel mondo delle arti marziali e della loro filosofia.

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