Posta come sentinella a guardia della rotta di accesso a San Pietroburgo, l’isola di Kotlin ha sempre giocato un ruolo chiave nel sistema difensivo della vecchia capitale imperiale russa. Sin dal 1703, infatti, ha ospitato una delle principali basi navali dell’Impero russo, nonchè sede della Flotta del Baltico: Kronstadt. Questa città-fortezza svolse un ruolo importantissimo nella Rivoluzione russa e nel marzo del 1921 fu teatro di un ultimo, disperato tentativo di riportarla allo spirito originario.
Durante un viaggio nel 1839, Astolphe de Custine, nel suo Lettere dalla Russia, dipinse i marinai di Kronstadt in termini molto poco lusinghieri. L’autore francese li descrive infatti come «sbrindellati, coperti alla meno peggio da pelli di montone rovesciate, la lana dentro e il cuoio lercio fuori», oppure come «specie di sudici galeotti che passano la vita a trasportare gli impiegati e gli ufficiali di Kronstadt a bordo delle navi straniere». La seconda frase, in particolare, sembrava riflettere l’atteggiamento mantenuto, ancora agli inizi del secolo successivo, dalle autorità zariste e dal corpo ufficiali nei confronti degli abitanti dell’isola. I marinai della flotta, i soldati della guarnigione, ma anche gli operai dei cantieri navali, i pochi commercianti e gli ancora meno numerosi maestri, erano sottoposti ad una disciplina militare durissima, tanto da rendere la città-fortezza una sorta di colonia penale. Percosse e punizioni corporali venivano inflitte con qualsiasi pretesto e non è infrequente che gli ufficiali infierissero sulla truppa senza alcuna ragione apparente. Il regime disciplinare subì un ulteriore inasprimento nel 1909 con la nomina a governatore dell’ammiraglio Robert Nikolaevic Viren, il cui sistematico ricorso al terrore avrebbe dovuto frenare, almeno nelle intenzioni, la diffusione delle idee rivoluzionarie, ottenendo però il risultato opposto.
L’8 marzo 1917 (il 23 febbraio secondo il calendario giuliano all’epoca vigente in Russia) una serie di scioperi nelle fabbriche della capitale, ribattezzata Pietrogrado allo scoppio della prima guerra mondiale, innescò una catena di eventi che culminò con l’abdicazione dello zar Nicola II e la nascita di un governo provvisorio retto dal principe L’vov (2 marzo): la Rivoluzione di febbraio. Nel frattempo, il 27 febbraio, nasceva nel palazzo di Tauride il Soviet dei deputati degli operai e dei soldati di Pietrogrado che, sebbene avesse sulla carta ceduto il potere al comitato provvisorio della Duma, e quindi al governo provvisorio, nei fatti svolse la funzione di governo ombra rivoluzionario.
Sull’isola di Kotlin i rivoluzionari passarono all’azione il 28 febbraio. I marinai si ammutinarono prendendo il controllo delle navi da guerra, mentre gli operai ed i soldati della guarnigione occuparono i punti nevralgici della città. Salvo una manciata di ufficiali che si unirono alla rivoluzione, i restanti furono disarmati e posti agli arresti. Di questi una parte venne rinchiusa nelle carceri della fortezza, mentre i restanti furono fucilati insieme all’odiato ammiraglio Viren. L’unico tentativo di resistenza da parte di una sezione dell’Ochrana, la polizia segreta zarista, asseragliatasi in una caserma, fu ridotto al silenzio con un paio di tiri dell’artiglieria navale.
![](https://ilviaggiodiodisseo.wordpress.com/wp-content/uploads/2021/02/marinai_petropavlovsk_1917.jpg?w=300&h=205)
Marinai della Petropavlovsk nel 1917. Sulla bandiera si legge “morte alla borghesia”.
Fonte Wikipedia
Una volta assunto il controllo dell’isola, i suoi abitanti si trovarono a doversi autogovernare. Prendendo a modello quanto accaduto nella capitale vennero eletti due soviet, uno operaio ed uno militare, i cui comitati esecutivi andranno ad unificarsi nel Comitato esecutivo del Soviet dei rappresentanti degli operai e dei soldati. Questo stabilì l’elezione diretta di tutte le cariche militari, compresi i comandanti delle fortezze dell’isola, da parte della truppa che generalmente si riuniva in assemblea nella piazza dell’Ancora. Da questo punto di vista l’autogoverno della città-fortezza fu una sorta di “democrazia sovietica”, una forma estrema di democratizzazione del potere, in cui il costante controllo della base tramite le continue assemblee finiva per esercitare una forte influenza sulle decisioni finali.
Sul piano dei rapporti esterni si decise fin da subito di non riconoscere il nuovo governo provvisorio, con il netto rifiuto a qualsiasi giuramento di fedeltà – lo stesso nuovo governatore dell’isola fu privato di qualsiasi reale potere, venendo a malapena tollerato – preferendo rapportarsi direttamente con il Soviet di Pietrogrado su di un piano paritario.
Nei mesi successivi i rivoluzionari di Kronstadt svolsero un ruolo importante tanto nelle giornate di luglio, in cui il malcontento per l’andamento della guerra portò spontaneamente ad un nuovo tentativo rivoluzionario che, pur fallendo, ebbe come risultato la formazione di un nuovo governo guidato da Kerenskij, quanto nella difesa della capitale durante il colpo di stato del generale Kornilov nel mese di agosto. Ancora più determinante fu il ruolo svolto dai marinai della Flotta del Baltico durante la Rivoluzione d’ottobre. Nella notte tra il 6 ed il 7 novembre (24 e 25 ottobre secondo il calendario giuliano), mentre i bolscevichi prendevano possesso di vari luoghi nella capitale, costoro si occuparono di disarmare le forze governative a guardia dei ponti, di importanza vitale in una città attraversata da una rete di canali come Pietrogrado, mentre a partire dall’alba parteciparono alla conquista del Palazzo d’Inverno. Il 30 ottobre, infine, contribuirono a proteggere la capitale dall’avanzata di una colonna di truppe lealiste guidata dal cosacco Krasnov in uno scontro presso il villaggio di Pulkovo.
La battaglia delle alture di Pulkovo fu al tempo stesso l’ultimo tentativo di riprendere il potere da parte di Kerenskij ed il primo fatto d’armi della lunga guerra civile che insanguinerà la Russia fino al 1923. Pur partecipando attivamente alla difesa del neonato stato bolscevico, tanto dagli attacchi portati dalle Armate bianche quanto da quelli del corpo di spedizione dell’Intesa, tra i marinai di Kronstadt si sviluppò una crescente opposizione al monopolio bolscevico del potere. Ne sono un ottimo esempio la mozione di condanna alla violenta repressione degli anarchici moscoviti da parte della Čeka, votata ad ampia maggioranza il 18 aprile 1918, e la crescente insofferenza verso la riorganizzazione dell’Armata Rossa nel 1919 da parte di Trotzky. L’abolizione del controllo dal basso, l’imposizione della disciplina militare sotto lo sguardo vigile dei commissari politici e addirittura il reintegro di vecchi ufficiali zaristi come “specialisti” furono decisioni accettate turandosi il naso per il bene della Rivoluzione.
Il punto di rottura arriverà soltanto nel 1921, quando la sconfitta dei Bianchi portò diversi nodi al pettine. Le privazioni della guerra civile e ancora di più le violente requisizioni di grano del comunismo di guerra avevano generato un diffuso malcontento nelle campagne russe. Le rivolte contadine erano all’ordine del giorno, arrivando a coinvolgere decine di migliaia di insorti, come nel caso della Machnovščina di ispirazione anarchica in Ucraina e della Antonovščina di ispirazione socialista rivoluzionaria a Tambov, che giocò un ruolo importante nel convincere Lenin a varare la NEP. Nelle città, invece, il crollo dei salari a livelli ancora più bassi di quelli del 1913, il razionamento dei viveri ed infine la militarizzazione del lavoro provocarono una ondata di scioperi e manifestazioni di protesta, con una partecipazione particolarmente sentita a Pietrogrado. Impossibile che questo clima non si riflettesse anche tra i marinai ed i soldati di Kronstadt, in massima parte di provenienza contadina ed operaia.