Mese di maggio e torniamo in Giappone per parlare di uno dei miei autori nipponici preferiti e della sua opera più famosa e importante. In Italia il romanzo è stato pubblicato da diverse case editrici, ognuna delle quali ne ha tradotto il titolo a modo suo: Il Cuore Delle Cose, Anima, Anima E Cuore. Per semplificare le cose ho deciso di ricorrere al titolo giapponese — salvo che nel titolo del post — Kokoro perchè credo che ne rispecchi a pieno l’essenza.
NATSUME SŌSEKI – ANIMA
Natsume Sōseki (1867-1916) è universalmente riconosciuto come il padre del romanzo giapponese moderno. Tra i primi studiosi di letteratura inglese nel paese del Sol Levante, venne inviato dal suo governo a Londra per approfondire la materia. Il soggiorno londinese avrà un fortissimo influsso sulla sua vita e sulla sua produzione letteraria. La profonda solitudine che ne scaturì, aspetto che lo accomuna a buona parte dei suoi personaggi, gli causò un esaurimento nervoso che ebbe pesanti ripercussioni sul suo fisico, ma il contatto con il romanzo europeo ottocentesco gli permise di elaborare una scrittura a cavallo tra la produzione letteraria europea e la tradizione culturale nipponica.
Kokoro è uno splendido esempio di questa commistione, forse il migliore mai scaturito dalla penna di Sōseki. Il romanzo prende il via dall’incontro casuale tra un giovane studente ed il Maestro. Costui, oltre ad essere il vero protagonista del romanzo, è l’archetipo del personaggio sōsekiano: abbastanza benestante da poter vivere senza altra occupazione che ampliare la propria cultura, spinto dalla delusione verso gli uomini, ma ancora di più verso se stesso, vive una vita appartata in compagnia di una moglie che non riesce a penetrarne la riservatezza che lo avvolge come una corazza. L’intera opera ruota intorno alla sua figura e ai tentativi dello studente di fare luce sul suo passato per scoprire cosa abbia trasformato un individuo brillante come il Maestro in un misantropo disilluso. Soltanto nella parte finale del libro, però, avremo la rivelazione del peso enorme che ha schiacciato l’animo del protagonista fino a condizionarne l’esistenza.
Kokoro, scritto nel 1914, appartiene a pieno titolo al filone del romanzo psicologico, genere particolarmente in voga all’epoca, ma sarebbe limitante fermarsi a questa etichetta. Pur cercando di indagare su quanto e come il rimorso possa gravare sulla coscienza di individuo fino a condizionarne l’esistenza, Sōseki non solo ci spinge ad interrogarci sul rapporto tra individuo e gruppo — “La solitudine è il prezzo che dobbiamo pagare per essere nati in questa epoca moderna, così piena di libertà, indipendenza, ed egoistica affermazione individuale” è una frase che ad oltre un secolo di distanza mantiene una attualità sconcertante — ma ci offre uno spaccato incredibilmente vivido della società giapponese del tempo. Una delle tematiche ricorrenti nell’autore, e che compare sullo sfondo per tutta la durata dell’opera, è lo stridente contrasto tra il Giappone moderno e quello più legato alle tradizioni: un contrasto che lo stesso Sōseki viveva dentro di sé e qui ben rappresentato nelle differenze tra città e campagna, oltre che dall’adozione di diversi sistemi di valori tra lo studente ed il Maestro.
Sarà che ho letto il libro mentre sono stato costretto in casa per circa un mese — sì, la zona rossa qui è durata parecchio — ma mi è stato impossibile non provare una certa simpatia, a tratti quasi una affinità, con il Maestro. Amavo Sōseki prima e ora lo amo ancora di più, mentre Kokoro si è guadagnato un posto speciale tra i miei libri preferiti e nel mio cuore.