Letture del mese – Maggio ’21 (Natsume Sōseki – Anima)

Mese di maggio e torniamo in Giappone per parlare di uno dei miei autori nipponici preferiti e della sua opera più famosa e importante. In Italia il romanzo è stato pubblicato da diverse case editrici, ognuna delle quali ne ha tradotto il titolo a modo suo: Il Cuore Delle Cose, Anima, Anima E Cuore. Per semplificare le cose ho deciso di ricorrere al titolo giapponese — salvo che nel titolo del post — Kokoro perchè credo che ne rispecchi a pieno l’essenza.

NATSUME SŌSEKI – ANIMA

Natsume_Soseki-AnimaNatsume Sōseki (1867-1916) è universalmente riconosciuto come il padre del romanzo giapponese moderno. Tra i primi studiosi di letteratura inglese nel paese del Sol Levante, venne inviato dal suo governo a Londra per approfondire la materia. Il soggiorno londinese avrà un fortissimo influsso sulla sua vita e sulla sua produzione letteraria. La profonda solitudine che ne scaturì, aspetto che lo accomuna a buona parte dei suoi personaggi, gli causò un esaurimento nervoso che ebbe pesanti ripercussioni sul suo fisico, ma il contatto con il romanzo europeo ottocentesco gli permise di elaborare una scrittura a cavallo tra la produzione letteraria europea e la tradizione culturale nipponica.

Kokoro è uno splendido esempio di questa commistione, forse il migliore mai scaturito dalla penna di Sōseki. Il romanzo prende il via dall’incontro casuale tra un giovane studente ed il Maestro. Costui, oltre ad essere il vero protagonista del romanzo, è l’archetipo del personaggio sōsekiano: abbastanza benestante da poter vivere senza altra occupazione che ampliare la propria cultura, spinto dalla delusione verso gli uomini, ma ancora di più verso se stesso, vive una vita appartata in compagnia di una moglie che non riesce a penetrarne la riservatezza che lo avvolge come una corazza. L’intera opera ruota intorno alla sua figura e ai tentativi dello studente di fare luce sul suo passato per scoprire cosa abbia trasformato un individuo brillante come il Maestro in un misantropo disilluso. Soltanto nella parte finale del libro, però, avremo la rivelazione del peso enorme che ha schiacciato l’animo del protagonista fino a condizionarne l’esistenza.

Kokoro, scritto nel 1914, appartiene a pieno titolo al filone del romanzo psicologico, genere particolarmente in voga all’epoca, ma sarebbe limitante fermarsi a questa etichetta. Pur cercando di indagare su quanto e come il rimorso possa gravare sulla coscienza di individuo fino a condizionarne l’esistenza, Sōseki non solo ci spinge ad interrogarci sul rapporto tra individuo e gruppo — “La solitudine è il prezzo che dobbiamo pagare per essere nati in questa epoca moderna, così piena di libertà, indipendenza, ed egoistica affermazione individuale” è una frase che ad oltre un secolo di distanza mantiene una attualità sconcertante — ma ci offre uno spaccato incredibilmente vivido della società giapponese del tempo. Una delle tematiche ricorrenti nell’autore, e che compare sullo sfondo per tutta la durata dell’opera, è lo stridente contrasto tra il Giappone moderno e quello più legato alle tradizioni: un contrasto che lo stesso Sōseki viveva dentro di sé e qui ben rappresentato nelle differenze tra città e campagna, oltre che dall’adozione di diversi sistemi di valori tra lo studente ed il Maestro.

Sarà che ho letto il libro mentre sono stato costretto in casa per circa un mese — sì, la zona rossa qui è durata parecchio — ma mi è stato impossibile non provare una certa simpatia, a tratti quasi una affinità, con il Maestro. Amavo Sōseki prima e ora lo amo ancora di più, mentre Kokoro si è guadagnato un posto speciale tra i miei libri preferiti e nel mio cuore.

Letture del mese – Dicembre ’20 (Murakami Haruki – Abbandonare Un Gatto)

È davvero una strana sensazione quella di concludere il 2020, un anno orribile sotto quasi tutti i punti di vista tranne quello dell’attività di scrittura, parlando dell’ultimo lavoro della penna più famosa della letteratura giapponese contemporanea e non di qualche autore oscuro pubblicato da un altrettanto oscuro editore indipendente. Eppure scrivendo di un libro di memorie, è difficile non pensare a come ricorderemo questi dodici mesi tra venti o trenta primavere, per cui forse è giusto concludere così, in bellezza.

 

MURAKAMI HARUKI – ABBANDONARE UN GATTO

Che lo si apprezzi o meno, Murakami Haruki (1948) è un autore che non necessita presentazioni. Lo conosciamo per i suoi romanzi dalle atmosfere oniriche, in cui il piano della realtà e quello del soprannaturale si sovrappongono toccandosi e rendendo difficile distinguere l’uno dall’altro; oppure per il suo lavoro di saggista e giornalista, come in Underground, opera incentrata sull’attentato del 20 marzo 1995 a Tokyo, quando gli adepti della setta Aum Shinrikyō rilasciarono del gas nervino nei tunnel della metropolitana, uccidendo tredici persone ed intossicandone svariate migliaia.

Quello di Abbandonare Un Gatto è un Murakami ancora diverso, molto più intimo e in grado di mettersi a nudo davanti ai propri lettori. Partendo da un ricordo di infanzia, come suggerisce il titolo l’abbandono di un gatto su una spiaggia (spoiler, prima di indignarsi come il sottoscritto: al gatto non è successo nulla), l’autore riflette sul proprio rapporto con il padre e sul concetto stesso di memoria, aprendosi senza reticenze.

Scopriamo così che il padre di Murakami era un insegnante e compositore di haiku, oltre che un buddhista devoto. Profondamente segnato dall’orrore della guerra, pregava ogni mattina davanti all’altare domestico per le anime dei caduti, fossero essi giapponesi o cinesi. Ed è proprio sulla guerra che Murakami sembra volersi soffermare. Una guerra orribile quella tra Cina e Giappone, in cui i nipponici si macchiarono di crimini inenarrabili, in cui l’episodio più famoso – e per assurdo forse nemmeno il più orribile – fu il massacro di Nanchino: quando l’esercito imperiale occupò la capitale cinese, si abbandonò ad un’orgia sfrenata di sangue e violenza accanendosi sui civili inermi. L’autore ne parla senza ritrosia e, pur essendo lontani dai tempi in cui Ienaga veniva censurato dalle istituzioni e minacciato di morte dagli ultranazionalisti, si tratta di una presa di posizione tutt’altro che scontata.

Con le sue settanta pagine scarse, diverse delle quali occupate dalle belle illustrazioni di Emiliano Ponzi, Abbandonare Un Gatto è un libretto agile che può essere letto in un paio d’ore, ma che al tempo stesso può far riflettere il lettore sul concetto stesso di memoria e sul rapporto che abbiamo con essa. Un Murakami inedito, intimo ed incredibilmente umano, quasi fragile con il suo carico di rimpianti per le tante, troppe questioni rimaste in sospeso e per le occasioni perdute che non potranno mai più essere recuperate.

 

 

Letture del mese – Aprile ’20 (Ryūnosuke Akutagawa – Lucifero e altri racconti)

In uno degli ultimi post ho provato a descrivere l’impatto dell’introduzione del Cristianesimo, operata da missionari portoghesi nel XVI secolo, sul Giappone e sui suoi abitanti (leggi qui). Il libro di questo mese è una raccolta di racconti brevi appartenenti al filone dei kirishitan mono, ossia quei racconti ambientati durante il cosiddetto “secolo cristiano”, il periodo compreso tra l’introduzione della nuova religione in Giappone e la sua definitiva messa al bando con i Tokugawa.

RYUNOSUKE AKUTAGAWA – LUCIFERO E ALTRI RACCONTI

Akutagawa (1892-1927) è uno dei più importanti scrittori giapponesi di inizio Novecento, insieme a Natsume Sōseki e a Mori Ōgai.  Scrittore poliedrico e prolifico è autore di numerose opere, per lo più racconti come “Rashomon”, reso immortale dalla pellicola di Akira Kurosawa, ma anche aforismi e riflessioni di vario genere. Muore suicida a soli 35 anni, al termine di un lungo periodo di crisi interiore dovuta a problemi economici e psicologici, mentre è al culmine della fama.

Come già accennato nell’introduzione, “Lucifero e Altri Racconti” è una raccolta di dieci testi scritti dall’autore tra il 1916 ed il 1927. Di questi i primi cinque rappresentano ritraduzioni di testi già editi nel nostro Paese, mentre i restanti sono presentati al pubblico italiano per la prima volta, offrendo al lettore uno sguardo inedito sulla produzione letteraria di Akutagawa. La scelta di impaginare i testi in ordine cronologico permette di evidenziare l’evoluzione stilistica dell’autore nel corso degli anni.

A differenza di altri scrittori dell’epoca, l’autore rigetta in blocco l’adesione al naturalismo europeo e allo shishōsetsu, il romanzo dell’Io, che spadroneggiavano nei circoli letterari del periodo Taishō (1912-1926). Akutagawa si cimenta con successo nell’improbo compito di riuscire ad appropriarsi di elementi narrativi nipponici ed europei, creando una sorta di dialogo tra le due culture, manifestando quello che in un saggio Murakami ha definito “talento letterario” (saihitsu).

La scelta di ricorrere all’ambientazione storica, tanto in questi kirishitan mono quanto in altre opere, diventa pertanto un espediente per creare un palcoscenico “neutro” dove mettere in scena questo dialogo. Non solo, inserendo nella narrazione elementi fantasiosi, spesso sospesi tra grottesco e surreale, l’autore riesce a creare metafore con cui mette a nudo mentalità dell’uomo moderno e le contraddizioni del suo tempo.

Ciò è evidente sin dal primo racconto, “Tabako to akuma” (Il tabacco e il diavolo). Sotto una facciata quasi fiabesca, incentrata sull’arrivo della pianta del tabacco al seguito dei gesuiti, si nasconde la rinnovata contaminazione culturale tra Sol Levante ed Occidente a seguito della Restaurazione Meiji e della riapertura del Giappone al mondo esterno. Similmente il secondo racconto, “Ogata Ryōsai oboegaki” (Il rapporto di Ogata Ryōsai), presentato sotto forma di un rapporto da parte di un medico alle autorità, nasconde un sovvertimento del paradigma del wakon yōsai (spirito giapponese e sapere occidentale). Questo fu il principio cardine con cui vennero recepite le novità tecnologiche americane ed europee, proteggendo al tempo stesso l’identità culturale e nazionale nipponica, durante il periodo Meiji.

Il dialogo tra cultura giapponese ed occidentale avviene anche attraverso la rielaborazione delle fonti classiche, come lo”Ha daiusu” (La confutazione della grande menzogna) di Fabian Fucan nell’incipit di “Rushiheru” (Lucifero). Scritto nel 1620, il testo di Fucan è forse il più famoso scritto anticristiano dell’epoca, reso ancora più efficace dal fatto che l’autore fosse un apostata giapponese.

L’eccezionale bravura di Akutagawa è dimostrata anche dalla capacità di utilizzare in modo corretto il sōrōbun, il difficilissimo stile epistolare in uso nel Giappone feudale, nel racconto “Itojo oboegaki” (Il racconto dell’ancella Ito),  ambientato nel periodo immediatamente successivo alla morte di Toyotomi Hideyoshi nel 1598. L’ambientazione storica è ricostruita minuziosamente e l’uso di uno stile letterario desueto contribuisce a renderlo uno dei testi migliori della raccolta.

I brani più particolari sono sicuramente gli ultimi due – Saihō no hito e Zoku Saihō no hito, rispettivamente L’Uomo da Occidente e L’Uomo da Occidente II parte – pubblicati postumi sulla rivista Kaizō. Non si tratta più di racconti brevi, bensì di una serie di riflessioni a briglia sciolta sulla figura di Cristo e sul Cristianesimo in generale. Entrambi gli scritti tradiscono una non comune conoscenza da parte di Akutagawa dei quattro Vangeli e degli Atti degli Apostoli. Non solo, i continui rimandi al “De Profundis” di Wilde e ad opere di altri autori come Renan e Papini, tradiscono l’indole profondamente cosmopolita dell’autore.

Lucifero e Altri Racconti” è un’opera carica di riferimenti che possono risultare oscuri ad un pubblico non specialistico o non sufficientemente preparato. Fortunatamente Andrea Maurizi, traduttore e curatore del volume, ha ovviato al problema in modo encomiabile. Oltre ad aver creato un valido apparato di note esplicative, ha scritto un buon saggio di postfazione in cui analizza tanto l’autore quanto i racconti qui tradotti.

Personalmente l’ho trovato un gran libro che riunisce al suo interno diversi pregi. La lettura in sé è piacevole, anche grazie alla varietà delle ambientazioni e delle tematiche, ed ho trovato interessante confrontarmi con un punto di vista non europeo su un argomento come la religione cristiana. Infine il volume contiene diversi spunti di approfondimento che sicuramente potranno interessare più di un lettore.