Letture: Jan Brokken – I Giusti

jan_brokken-i_giustiEsistono situazioni in cui l’acritica obbedienza si tramuta in muta complicità e quindi in peccato, mentre la disobbedienza diventa fonte di salvezza per se stessi e per gli altri. Una circostanza di questo tipo è stata vissuta praticamente in tutta Europa nel corso degli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso. La macchina di sterminio nazista, infatti, potè lavorare con spaventosa efficienza grazie al lavoro di una moltitudine di ingranaggi deferenti e non per il fanatismo di pochi esaltati. Allo stesso modo migliaia di individui furono salvati grazie al coraggio di chi, incapace di zittire la voce della propria coscienza, decise di disobbedire o, al limite, di aggirare norme e codicilli mettendo in gioco la propria vita. Il libro di oggi, l’ultimo di questo 2022 piuttosto turbolento, racconta le gesta di due di loro: Jan Zwartendijk e Chiune Sugihara.

Jan Brokken (1949), giornalista e scrittore olandese, è una vecchia conoscenza per i lettori di questo blog: in passato ho infatti recensito i suoi Anime Baltiche (qui ancora nel vecchio e confusionario formato collettivo) e Bagliori A San Pietroburgo. Non è nemmeno la sua ultima fatica, perchè nel lasso di tempo intercorso tra l’uscita del volume e la sua lettura da parte mia, l’autore ha sfornato un altro libro, L’Anima Delle Città, volume che conto di recuperare quanto prima.

La nostra storia si svolge nel 1940. L’Europa è sprofondata da qualche mese nell’incubo della Seconda Guerra Mondiale, la Polonia è stata invasa e spartita tra Germania e Unione Sovietica, mentre l’Armata Rossa sta per prendere il controllo dei tre Paesi baltici in ossequio alle clausole segrete del patto Molotov-Ribbentrop. A Kaunas, all’epoca capitale lituana, regna una strana atmosfera fatta di incertezza e di attesa, mentre tra i rifugiati ebrei fuggiti dai territori invasi dai nazisti iniziano a diffondersi sinistre voci.

In questo clima tutt’altro che allegro, Jan Zwartendijk, già responsabile della filiale lituana della Philips, viene nominato console onorario del Regno dei Paesi Bassi. Tra le sue prerogative c’è quella di rilasciare visti ed è così che il nostro protagonista inizia a firmare lasciapassare, dapprima a conoscenti e poi, con l’aggravarsi della situazione, a qualsiasi rifugiato ebreo si presenti alla sua porta. I salvacondotti, però, non sono validi per l’Olanda occupata dai nazisti, bensì per la remota e all’epoca semisconosciuta isola di Curaçao. L’unico modo per raggiungerla è attraversare l’intera Unione Sovietica, approdare in Giappone e da qui imbarcarsi verso l’America. Entra così in gioco il console nipponico Sugihara, il quale continua a firmare visti di transito fino all’ultimo momento prima della sua partenza verso il prossimo incarico diplomatico. Le autorità sovietiche, dati i documenti in uscita e vista la disponibilità delle associazioni ebraiche internazionali di pagare le spese per ogni singolo profugo, in poco tempo danno il benestare. 

Ad oggi risulta difficile stabilire con certezza in quanti si siano salvati da morte quasi certa —la comunità ebraica di Kaunas venne spazzata via nel 1941 — grazie all’intervento dei due diplomatici, ma siamo nell’ordine di svariate migliaia. Nonostante ciò, al termine del conflitto i nostri protagonisti andarono incontro alle conseguenze delle loro azioni: Zwartendijk, che era solo console onorario, subì una dura lavata di capo anni dopo gli eventi, mentre Sugihara venne definitivamente allontanato dal servizio diplomatico nipponico. La loro colpa, secondo i rispettivi governi, fu quella di aver aggirato le regole, prendendosi troppe libertà nel rilascio dei lasciapassare. Poco male, nessuno dei due provò il minimo pentimento per quanto fatto.

Brokken, con la sua narrazione in grado di conquistare il lettore, racconta questa storia incredibile seguendo il sottile filo rosso che da Rotterdam, città di origine del nostro protagonista, conduce fino al Giappone e da qui a Shanghai: è nella metropoli cinese, infatti, che le autorità nipponiche spostarono i rifugiati ebrei rimasti bloccati a Kobe dopo l’entrata in guerra del Sol Levante. Qui vennero trattati relativamente bene e sicuramente meglio rispetto ai cittadini britannici —a tal proposito consiglio la lettura de L’Impero Del Sole di Ballard — o americani arrestati a partire dal dicembre 1941. I Giusti è un volume tanto coinvolgente quanto impegnativo sul piano emotivo ed è senza ombra di dubbio uno dei lavori migliori dell’autore olandese.