Crécy, 1346: il tramonto della cavalleria pesante in Europa

Edoardo III d’Inghilterra.
Fonte Wikipedia

Edoardo III d’Inghilterra non si trovava in una posizione invidiabile quando, il 26 agosto 1346, fu costretto a dare battaglia. Sul campo di Crécy, in Piccardia (nord della Francia), il logoro esercito inglese si trovò ad affrontare l’esercito francese al completo: ben cinquantamila armati, tra cui dodicimila cavalieri pesanti desiderosi di cacciare gli invasori dal sacro suolo di Francia. Per ribaltare una situazione disperata, l’unica carta giocabile dal sovrano inglese era la scelta del luogo dove combattere. Come vedremo si trattò di una scelta decisiva.

Ma come ci era arrivato l’esercito inglese in Piccardia? La battaglia di Crécy va inquadrata nel contesto della Guerra dei cent’anni (1337-1453) che vide la dinastia inglese dei Plantageneti ed il ramo di Valois della famiglia francese dei Capetingi affrontarsi per il controllo del trono di Francia. Nel luglio del 1346 Edoardo salpò alla volta della penisola del Cotentin in Normandia insieme al primogenito sedicenne, Edoardo il Principe Nero, e a circa dodicimila armati, in buona parte arcieri gallesi.

Con il grosso dell’esercito francese impegnato nell’assedio di Aigulloin in Guascogna, all’epoca possesso inglese, o disperso in varie guarnigioni tra la riva settentrionale della Senna ed il confine con le Fiandre, la Normandia era virtualmente indifesa e l’esercito inglese potè sbarcare indisturbato. Edoardo iniziò quindi una sistematica campagna di devastazione, razziando e dando alle fiamme ogni centro abitato posto sul cammino delle sue truppe.

I luoghi descritti nel post. Il luogo della battaglia è evidenziato in rosso.
Cartina opera dell’autore con l’aiuto di Pietro D’Orio

Il culmine fu raggiunto il 26 luglio a Caen, il principale centro culturale ed economico della regione. La città fu investita dall’assalto congiunto delle truppe di terra e della flotta inglese che aveva risalito il fiume Odon e, nonostante la strenua resistenza della guarnigione, venne espugnata in breve tempo: diverse centinaia di abitanti vennero massacrati, mentre la razzia si protrasse per ben cinque giorni. Sebbene all’epoca il saccheggio fosse la prassi per rifornire qualsiasi esercito, una devastazione di tale portata – che nel corso del conflitto divenne quasi un marchio di fabbrica dei comandanti inglesi – rimane un quesito aperto. Si può legittimamente supporre che che si trattò di un modo per mostrare ai francesi l’impotenza e l’incapacità del loro sovrano, cercando al tempo stesso di costringerlo a dare battaglia con le poche forze a sua disposizione.

Dopo la mattanza di Caen, Edoardo si rimise in marcia con la non troppo velata intenzione di raggiungere la Fiandre, dove nel frattempo era sbarcata una piccola forza inglese che si era unita ai rivoltosi locali. La fortuna, però, sembrava aver voltato le spalle al sovrano inglese.

Filippo VI di Francia.
Fonte Wikipedia

Dopo aver preso in consegna l’orifiamma, il sacro stendardo dei reali francesi conservato presso l’abbazia di Saint-Denis, il re di Francia Filippo VI emanò una chiamata alle armi generale nella regione compresa tra Rouen ed Amiens. Per guadagnare tempo affinché la campagna di reclutamento potesse dare i suoi frutti e per costringere il nemico a ritirarsi nuovamente verso la Normandia, diede ordine di abbattere la maggior parte dei ponti sulla Senna, distaccando consistenti guarnigioni a difesa dei pochi rimasti.

Quando l’avanguardia inglese giunse alle porte di Rouen, scoprendo che una nutrita forza nemica era già giunta in città, una certa inquietudine iniziò a serpeggiare tra le truppe.  Edoardo diede ordine di costeggiare la Senna in cerca di un guado o di un ponte, venendo seguito a distanza dall’esercito francese, padrone della sponda settentrionale. Come uscire dall’impasse? Il Plantageneto decise di giocarsi tutto puntando direttamente su Parigi, confidando in qualche reazione inconsulta da parte dell’avversario. L’azzardo funzionò, perché l’esercito francese abbandonò l’inseguimento, raggiungendo la capitale dopo una lunga marcia forzata, preparandosi ad affrontare un assedio.

Giunto alle porte di Parigi, Edoardo non provò nemmeno a saggiare le difese della città, ma attraversò la Senna su un ponte di fortuna costruito dai suoi genieri, con sommo scorno del sovrano francese. Quella che sembrava una beffa, però, iniziò ben presto a tramutarsi in tragedia. Filippo, infatti, temendo una eventualità del genere aveva dato ordine di fare terra bruciata in tutte le terre comprese tra la Senna e la Somme per privare gli inglesi di qualsiasi sostentamento. L’esercito invasore fu così costretto a sparpagliare i propri saccheggiatori su una area più vasta: i gruppi isolati diventarono così facile preda dei contadini locali, sottoponendo così le forze inglesi ad un lento e continuo stillicidio.

Edoardo il Principe Nero insieme al padre Edoardo III.
Fonte Wikipedia

A corto di rifornimenti e tallonato dall’esercito francese, desideroso di lavare nel sangue l’onta subita alle porte di Parigi, l’unica possibilità per Edoardo era quella di abbandonare il grosso del bottino e procedere verso la Somme e la Piccardia e qui unirsi con i rinforzi provenienti dalla Fiandre, con cui era costantemente in contatto. Come potessero comunicare due forze separate da decine e decine di chilometri di territorio nemico, lontane dalla costa, in una epoca in cui non esistevano le telecomunicazioni è uno dei grandi misteri della storia militare: non esistono ipotesi convincenti, sebbene sia pressoché pacifico che i due eserciti manovrarono in perfetta coordinazione.

Sfuggendo più volte al contatto con il nemico e dopo vari tentativi di attraversare il fiume, il 24 agosto l’esercito inglese riuscì a guadare la Somme dopo aver sbaragliato un consistente presidio francese nella battaglia di Blanchetaque. Giunto a Crécy il giorno successivo, Edoardo si rese conto della futilità di logorare ulteriormente le sue truppe già prostrate dalla lunga ritirata, decidendo così di dare battaglia l’indomani.

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