L’espansionismo giapponese durante il periodo Meiji (1868-1912)

Mutsuhito nel 1890.
Fonte Wikipedia

Parlando di espansionismo giapponese, si è portati a pensare alla prima parte del periodo Showa (1926-1989) con le campagne militari in Manciuria e in Cina e con la creazione della Sfera di co-prosperità della Grande Asia orientale durante il secondo conflitto mondiale. In realtà la tendenza ad ingrandirsi all’esterno dell’arcipelago nipponico si era già palesata, seppur con motivazioni diverse, già durante il regno dell’imperatore Mutsuhito. Di lui ho già parlato ampiamente in relazione alla restaurazione del potere imperiale e al conseguente processo di modernizzazione del paese (quiqui), mentre con questo post ci concentreremo sulla sua politica estera.

Il Giappone dell’epoca viveva in uno stato di relativa sudditanza – economica e in parte psicologica – nei confronti delle potenze occidentali, a causa della firma dei cosiddetti “trattati ineguali”. Si trattava di veri e propri contratti capestro che, a fronte di enormi concessioni commerciali alle nazioni europee e agli Stati Uniti, garantivano poco o nulla ai nipponici. Priorità del nuovo governo imperiale divenne presto quella di ottenerne una revisione in termini più paritari e al tempo stesso evitare di essere colonizzati da Francia e Inghilterra, che all’epoca si stavano espandendo in Asia orientale. Se da un lato l’azione di governo puntò ad entrare nel novero delle “nazioni civili” attraverso modernizzazione e industrializzazione, dall’altro puntò ad ottenere il rispetto attraverso l’uso delle armi e di una versione propria della politica delle cannoniere.

Soldati giapponesi e aborigeni taiwanesi nel 1874
Fonte Wikipedia

Il primo episodio in tal senso fu la spedizione punitiva a Taiwan del 1874, azione di rappresaglia all’uccisione di una cinquantina di marinai provenienti dal Regno delle Ryūkyū, formalmente stato indipendente ma in realtà tributario del Giappone, da parte di alcuni aborigeni taiwanesi. Il governo giapponese, diede voce al sovrano delle Ryūkyū, chiedendo un risarcimento e la punizione dei responsabili alla Cina, che esercitava la sua giurisdizione sull’isola, ottenendo un secco rifiuto. In risposta a ciò i nipponici inviarono un contingente di tremila uomini a Taiwan. Con la pretesa di punire gli esecutori dell’eccedio, il governo nipponico intendeva procedere all’occupazione della regione. Nonostante il sostanziale fallimento dell’operazione, a causa delle malattie che falciarono il corpo di spedizione e della decisa reazione cinese, questa dimostrò la determinazione giapponese di far valere i propri diritti anche ricorrendo alle armi.

Inoltre l’episodio contribuì a chiarire definitivamente lo status delle Ryūkyū. L’arcipelago, infatti, si trovava da più di due secoli nella scomoda situazione di essere sia tributario del Giappone che della Cina. Con la forza delle lusinghe e la promessa di un titolo nobiliare con relativa rendita annuale, il governo giapponese convinse l’ultimo sovrano delle isole ad abdicare e a trasferire la piena sovranità a Tokyo. L’annessione venne formalizzata nel 1879 e le isole vennero inserite nella neonata prefettura di Okinawa.

Sho Tai, ultimo re delle Ryukyu.
Fonte Wikipedia

Ad attirare maggiormente l’attenzione giapponese era però la Corea. Da secoli i coreani stavano attuando una politica isolazionista in tutto e per tutto simile al sakoku dei Tokugawa, mantenendo rapporti solo con la Cina e con il daimyo di Tsushima. Sin dal 1868, anno della restaurazione del potere imperiale, il governo di Tokyo tentò di allacciare relazioni diplomatiche senza intermediazione. Il tentativo si concluse con un fallimento totale, tanto che gli emissari imperiali non vennero nemmeno ricevuti.

Se già nel 1873 Saigo Takamori aveva proposto una spedizione nella penisola, per creare una valvola di sfogo al crescente malumore all’interno della classe dei samurai, bisognerà aspettare tre anni prima di arrivare ad uno scontro diretto. Nel 1876, in occasione di un periodo di grave instabilità politica, dovuto a questioni di successione dinastica, i giapponesi decisero di passare all’azione militare in modo da prevenire qualsiasi tentativo di penetrazione occidentale in Corea. Il modus operandi fu in tutto simile alla diplomazia delle cannoniere europea: l’invio di una nave militare presso l’isola di Gangwha causò la prevedibile reazione dei forti costieri che in breve tempo vennero messi a tacere. Messo con le spalle al muro dalla minaccia di una invasione vera e propria, il governo coreano fu costretto a firmare il Trattato di Amicizia nippo-coreano. Il documento prevedeva, oltre all’apertura di relazioni diplomatiche e commerciali attraverso il porto di Busan, l’extraterritorialità dei cittadini nipponici ed una serie di altre concessioni come la libertà, per i marinai giapponesi, di sorvegliare e mappare le coste della penisola. Il trattato di Gangwha fu a tutti gli effetti un trattato ineguale, il primo stretto da una potenza asiatica ai danni di un’altra: nemmeno un quarto di secolo dopo l’arrivo delle navi nere di Perry, il Giappone aveva già fatto suo il lato peggiore del mondo occidentale.

Lo sbarco dei soldati giapponesi a Gangwha.
Fonte Wikipedia

A partire da questo momento le ingerenze di Tokyo negli affari interni coreani diventarono una costante, aprendo la strada ad un confronto diretto con la Cina imperiale, che a sua volta aveva fortissimi interessi nell’area. Si venne così a creare una spaccatura all’interno della società coreana tra i conservatori filo-cinesi ed i progressisti che vedevano nel Giappone un modello da imitare per l’edificazione di una via asiatica alla modernità. Le due fazioni si trovarono ben presto ai ferri corti e furono proprio i progressisti a fare la prima mossa.

Sfruttando il violento scontro franco-cinese per il controllo dell’Annam (l’odierno Vietnam centrale) nel corso del 1884, un gruppo di progressisti organizzò un colpo di stato ai danni degli avversari. Con l’appoggio del governo giapponese, presero in custodia il sovrano coreano e diedero il via ad una epurazione degli avversari. L’intervento della guarnigione cinese di Seul, forte di un migliaio di uomini, costrinse i congiurati a fuggire in Giappone nell’arco di un paio di giorni. Non solo Tokyo rifiutò di consegnare i fuggitivi alle autorità coreane, ma con l’invio di sette navi da guerra riuscì a strappare la firma di un nuovo trattato ineguale nel 1885. Nello stesso anno, infine, Cina e Giappone firmarono la Convenzione di Tientsin che sanciva il ritiro immediato delle truppe dei due paesi dalla Corea, oltre al divieto di invio di forze militari senza avvisare preventivamente l’altra potenza. Di fatto la convenzione stabilì la nascita di una sorta di co-protettorato sino-giapponese sulla penisola, senza tuttavia costituire un deterrente efficace contro nuove escalation.

I rapporti tra i due paesi rimasero estremamente tesi, anche a causa di continue provocazioni reciproche, e deflagrarono in modo definitivo nel 1894, in occasione della cosiddetta Rivolta Donghak. Le politiche oppressive di un governatore locale causarono una violenta rivolta contadina, in special modo tra coloro che avevano abbracciato la dottrina Donghak, un curioso sincretismo tra sciamanesimo coreano e insegnamenti neo-confuciani, che propugnava la lotta per la democrazia e i diritti umani basilari.

Gojong di Corea.
Fonte Wikipedia

Il governo coreano, terrorizzato dalla prospettiva del dilagarsi incontrollato della rivolta, chiese aiuto al governo cinese, che inviò un corpo di spedizione. Il Giappone accusò la Cina di aver violato la Convenzione di Tientsin, in quanto non informato dell’invio di truppe da parte del Celeste Impero, ed inviò a sua volta un esercito in Corea. Le truppe nipponiche, anziché contrastare i ribelli, puntarono direttamente su Seul dove presero in ostaggio re Gojong e rimpiazzarono il governo esistente con un altro composto interamente da elementi filo-giapponesi. Il nuovo governo conferì al Giappone il diritto di espellere le forze cinesi dal paese.

Un pensiero su “L’espansionismo giapponese durante il periodo Meiji (1868-1912)

  1. Pingback: Letture: Francesco Dei – La Guerra Russo-Giapponese 1904-1905 | ilviaggiodiodisseo

Lascia un commento