Breitenfeld, 1631. L’ascesa di Gustavo II Adolfo di Svezia

Gustavo II Adolfo a Breitenfeld (opera di Johann Walter)
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17 settembre 1631, Breitenfeld, Elettorato di Sassonia, ad una manciata di km dalla città di Lipsia. Un poderoso esercito cattolico, comandato dal conte di Tilly, si scontra con l’esercito svedese, guidato dal re Gustavo II Adolfo, cui era aggregato un contingente sassone. Nonostante la superiorità numerica, dovuta alla fuga delle truppe sassoni, la battaglia si concluse con una completa sconfitta della compagine imperiale: nasceva così la leggenda del Leone di Mezzanotte.

L’inizio dell’impegno svedese in terra tedesca risaliva ad appena un anno prima, quando Gustavo sbarcò sull’isola di Usedom, a poca distanza da Stettino, con un esercito di 13.000 uomini. All’epoca la Germania era devastata da una serie di lotte fratricide tra nobiltà cattolica e protestante, iniziate con la Defenestrazione di Praga del 1618 e passate alla storia con il nome di Guerra dei Trent’Anni.

Ferdinando II d’Asburgo
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Il sovrano svedese assurse immediatamente al ruolo di paladino dello schieramento protestante, ponendosi come protettore dei suoi correligionari dai tentativi accentratori dell’Imperatore – il cattolicissimo Ferdinando II d’Asburgo – e dalle intemperanze delle sue soldataglie. Egli stesso alimentò il proprio mito, tanto che successivamente venne dipinto come un guerriero disinteressato che combatteva a fianco degli oppressi per la realizzazione di una monarchia costituzionale e liberale (sic!). Le fonti coeve, tuttavia, ci narrano un’altra storia.>p>

Gustavo II fu un sovrano bellicoso, un freddo calcolatore, che approfittò di un momento di grande debolezza dell’Impero per mettere in atto il proprio disegno egemonico sul Baltico. Cosa che effettivamente riuscì, dato che fino al secolo successivo la Svezia fu una delle superpotenze dell’epoca.

Corazzieri imperiali
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Come fu possibile che un paese scarsamente abitato – i dati demografici ci parlano di un milione scarso di abitanti – come la Svezia riuscì a prevalere su paesi ben più ricchi e densamente popolati? Una certa importanza la ebbero i fondi francesi, che permisero al sovrano svedese il mantenimento di un’armata spropositata senza dissestare le finanze del regno, ma ancora più determinante fu il comportamento delle milizie cattoliche. Quando le truppe di Tilly saccheggiarono la ricca città di Magdeburgo, faro del protestantesimo tedesco, riducendola in cenere e causando la morte della maggior parte dei suoi ventimila abitanti, i principi protestanti si schierarono compatti a fianco di Gustavo che ottenne senza il minimo sforzo ulteriore denaro, truppe di rinforzo e rifornimenti.

Il fattore più importante del successo svedese, tuttavia, fu l’insieme delle grandi riforme militari introdotte dal re di Svezia. Analizzare la battaglia di Breitenfeld ci permette di coglierle nella loro interezza e di comprendere a pieno il loro impatto sul campo.

Sul campo di battaglia una forza disciplinata e ben addestrata è in grado di prevalere anche in condizione di grave inferiorità numerica e l’esercito svedese era una delle compagini militari meglio addestrate dell’epoca. Gustavo II stabilì una leva ventennale obbligatoria per tutti gli svedesi atti alle armi, sebbene a conti fatti soltanto un uomo su dieci finiva sotto le armi. I restanti nove venivano tassati per provvedere al suo equipaggiamento: le forniture erano infatti di compentenza dello Stato e in questo il sistema svedese superò quello introdotto in epoca coeva dal Wallenstein, gettando i semi di quella che successivamente diventerà la logistica. Un sistema di questo tipo era tuttavia estremamente gravoso per le finanze di un paese non certo ricco come la Svezia del XVII secolo, tanto che durante l’avventura in terra tedesca solo una piccola parte dell’esercito, la colonna vertebrale per così dire, era formata da veterani di lungo corso che avevano già avuto il battesimo del fuoco contro la Danimarca, la Polonia e la Russia. Il resto della truppa era costituito da mercenari e da contingenti alleati, tutti addestrati a combattere “alla svedese”.

Statua del conte di Tilly presso il Museo di Storia Militare di Vienna
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Sul campo di Breitenfeld, Tilly schierò il proprio esercito nella consueta formazione a tercio, termine di origine spagnola con cui all’epoca si indicavano formazioni miste di fanteria, di dimensioni variabili, composte da picchieri e archibugieri. Nel corso del tempo la proporzione tra le due componenti variò e all’epoca della battaglia era diventata canonica una composizione con due terzi di armi da fuoco e un terzo di picche. Il comandante cattolico optò per formazioni relativamente piccole: millecinquecento uomini disposti su dieci file da centocinquanta uomini ciascuna. Dodici di queste formazioni furono schierate in formazioni da tre tercio, con quello centrale leggermente avanzato rispetto a quelli laterali, mentre altre due vennero dispiegati sui fianchi dello schieramento.

Gustavo II Adolfo rimescolò le carte in tavola, perfezionando le riforme militari recentemente introdotte nelle Province Unite, l’attuale Olanda, da Guglielmo e Maurizio d’Orange. L’unità base dell’esercito svedese era il battaglione, che nella cavalleria diventava squadrone, composto da circa 400 uomini e suddiviso a sua volta in quattro compagnie di cento uomini. Due battaglioni andavano a formare un reggimento di circa 800 uomini e due reggimenti formavano una brigata di circa 1600 soldati. Ogni unità era dotata di propri ufficiali e questo rendeva le truppe svedesi molto più flessibili e mobili rispetto al tercio cattolico.

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