Letture del mese – Ottobre ’19 (Martin Pollack – Galizia)

Settembre è letteralmente volato via e, puntuale come ogni mese, è  tornato il consueto appuntamento con la lettura. L’autunno è per il sottoscritto un periodo piuttosto particolare. Oltre a compiere gli anni – venerdì sono arrivato al traguardo dei trentaquattro – in questo periodo, passo la maggior parte delle mie giornate tra il ribollir dei tini e l’aspro odor dei vini – ebbene sì, lavoro in enologia – per cui il tempo da dedicare alla lettura si riduce drasticamente. Per questo motivo ho deciso di ripescare alcune impressioni che avevo originariamente pubblicato su Facebook, ampliandole e migliorandole.

MARTIN POLLACK – GALIZIA

Quando si parla di Galizia l’immaginario collettivo ci trasporta nell’estremità nord-occidentale della Spagna, al santuario di Santiago de Compostela, al faro di Cabo Fisterra e nei paesini affacciati sulle rias dove si usa quotidianamente la lingua gallega. Difficile trovare riferimenti ad altri luoghi con questo nome, almeno nella nostra epoca. Vi è stata, tuttavia, un’altra terra chiamata in questo modo, una terra in cui spesso la storia sfuma nella leggenda ed essa a sua volta si tramuta mito. Il suo nome in tedesco era “Galizien” ed è la protagonista del volume di cui vi racconterò oggi.

Il Regno di Galizia e Lodomiria, situato nelle attuali Ucraina occidentale e Polonia sud-orientale, costituiva con la vicina Bucovina l’estrema periferia orientale di quel crogiolo di popoli ed etnie che fu l’Austria-Ungheria. Questo almeno fino al termine del primo conflitto mondiale. Con la dissoluzione della Duplice Monarchia e gli eventi che seguirono nel corso della prima metà del ventesimo secolo, infatti, il nome della regione sparì dalle carte geografiche ed essa stessa venne divisa in due parti.

Martin Pollack, di cui ho già parlato in un altro post, è una delle migliori penne austriache del ventunesimo secolo. Anche in “Galizia” mette in mostra il proprio talento e la sua innata abilità nel rifuggire le collocazioni librarie classiche. L’opera, infatti, naviga tra i generi letterari: non è una guida di viaggio, non è una antologia, non è un saggio storico e non è nemmeno il resoconto di una spedizione antropologica. Personalmente mi piace definire questo libro come una (meta)guida letteraria.

Attraverso brani di autori galiziani, dal celebrerrimo cantore della finis austriae Josef Roth, ai meno conosciuti in Occidente come Karl Emil Franzos e Ivan Franko, fino agli autori più sconosciuti, Pollack ci guida verso quel “piccolo mondo antico” che fu la mitica “Halb-Asien“, luogo in cui Oriente e Occidente si toccavano e si mescolavano.

Eppure di mitico in questo libro c’è poco. Pollack non si lascia inebriare dal “Mythos Galizien“, ma con crudo realismo ci conduce nella miseria delle fangose stradine dei poverissimi shtetl ebraici, i cui abitanti vivono in condizioni che stridono con lo sfarzo delle corti rabbiniche dei maestri chassidici. Il viaggio prosegue nel buio delle fabbriche dove gli operai erano costretti a lavorare come bestie in cambio di un salario ridicolo, nelle impenetrabili montagne degli Hutsuli e nei quartieri benestanti abitati dalla szlachta, la piccola nobiltà feudale polacca, e dalla borghesia.

Con cinico disincanto l’autore decostruisce la favola della convivenza tra etnie diverse, raccontandoci del fervore nazionalista in rapida crescita tra ruteni e polacchi, ma anche del pangermanesimo strisciante nei villaggi dei coloni svevi, in cui si brindava più alla Grande Germania che non al Kaiser Franz Josef. Ci viene raccontanto anche dell’ormai dilagante antisemitismo e degli enormi contrasti in seno alla stessa comunità ebraica, tra sionisti e assimilazionisti, tra chassidim ortodossi ed ebrei “illuminati”, spalancando al lettore le porte di un mondo inedito.

Partiamo dal presupposto che il sottoscritto ha una spiccata passione per la Galizia, come si può facilmente intuire dando una occhiata ai post del blog, e che quindi ho sviscerato – e continuo a farlo – l’argomento in ogni sua sfumatura. Il volume di Pollack è un ottimo modo per approcciarsi a questo piccolo angolo del mondo in modo critico e aderente alla realtà storica. Oltre ad essere una miniera di preziose informazioni, tanto che io stesso ho imparato a conoscere diversi autori – Wittlin tra tutti – proprio grazie a questo libro, “Galizia” è una lettura semplice e mai noiosa. Un ottimo volume da gustare in pausa pranzo e in qualsiasi altro momento libero.