Toccata e fuga a Varsavia (25-27 luglio 2018)

Vista l’ora decido di raggiungere la Stare Miasto (Città Vecchia) con la metropolitana. Essendo di recente costruzione, l’infrastruttura è moderna e funziona benissimo, tuttavia basta dare un’occhiata alla sua mappa per capire che è stata progettata un po’ con i piedi. Per raggiungere la mia destinazione, infatti, devo fare circa mezzo kilometro a piedi dalla fermata più vicina. Non è tantissimo, per carità, ma credetemi se vi dico che a fine luglio il sole picchia duro sulla Masovia, specie intorno a mezzogiorno. Cerco di infilarmi nel primo parco che incontro, sperando di sfruttare la copertura degli alberi e mi imbatto subito in un monumento dedicato ai caduti della battaglia di Cassino. Nonostante la sconfitta sul campo nel 1939, migliaia di polacchi continuarono a combattere nelle fila alleate, pagando un altissimo tributo in vite umane durante la Campagna d’Italia, specialmente a Montecassino. Furono proprio alcune unità polacche, nel maggio del 1944, ad espugnare le rovine dell’abbazia sfondando la linea Gustav.

Il Barbacane
Foto dell’autore

Entro nella Stare Miasto (la Città Vecchia) attraversando il Barbacane, un’imponente struttura difensiva realizzata allo scopo di fornire ulteriore protezione a quello che era il principale punto debole di ogni cinta muraria, ossia l’accesso alla città. Il Barbakan, così chiamato in polacco, è una delle poche vestigia delle mura cinquecentesce di Varsavia. Purtroppo quello che vediamo oggi è una copia edificata nel secondo dopoguerra utilizzando materiale preso da edifici storici distrutti di Varsavia, Breslavia e altre città polacche. Proseguendo raggiungo la Rynek, la vecchia piazza principale, al centro della quale sorgeva il vecchio Municipio, abbattuto nel 1817. La piazza è piuttosto grande, con il lato più lungo che misura 90 metri, ed è circondata sui quattro lati da una serie di case rinascimentali appartenute per lo più a ricche famiglie di mercanti. Uno degli edifici appartenne addirittura ai Fugger, la ricchissima dinastia tedesca di mercanti e banchieri  che nel corso del Cinquecento esercitò un peso politico non indifferente grazie al proprio potere economico, arrivando a sostenere – e ad influenzare pesantemente – l’elezione di Carlo V al soglio imperiale, sborsando la favolosa cifra di 500.000 fiorini.

Superata la piazza ci si imbatte nella Cattedrale di San Giovanni. Edificata in gotico baltico, è considerata uno dei pantheon della nazione polacca, in quanto al suo interno riposano, oltre a diversi duchi di Masovia, anche numerosi polacchi illustri, tra cui Gabriel Narutowicz, il primo presidente eletto della prima repubblica polacca. Sin dalla sua fondazione nel X secolo, Varsavia fu sede dei duchi di Masovia, che realizzarono gran parte della Stare Miasto e gettarono le basi di quello che successivamente divenne il Castello Reale. Alla morte dell’ultimo duca, Janusz III, nel 1526, la città e l’intero ducato passarono nelle mani del re di Polonia. Fu solo nel 1596 che Sigismondo III Vasa spostò la capitale del regno da Cracovia a Varsavia, che godeva di una posizione meno decentrata.

La colonna di Sigismondo
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Poco più avanti si sbocca nella piazza del Castello Reale che ha assunto l’aspetto attuale grazie ad un riassetto urbanistico nella prima metà dell’Ottocento. Al centro dello spiazzo sorge la Colonna di Sigismondo, eretta in ricordo di Sigismondo III da parte del figlio Ladislao nel 1644. Quella di Sigismondo è una figura piuttosto interessante e vale la pena di delinearla un minimo. Appartenente alla famiglia reale svedese dei Vasa, venne eletto re di Polonia e granduca di Lituania – la Confederazione Polacco-Lituana era una monarchia elettiva, talvolta definita “repubblica aristocratica”, in cui i rappresentanti della szlachta, la nobiltà, si riunivano per eleggere un nuovo sovrano alla morte di quello precedente – nel 1587. Durante il suo regno il paese raggiunse l’apice del prestigio, primo in Europa per estensione territoriale, e con un potenziale bellico ed economico senza paragoni. Tuttavia fu proprio durante il suo governo che si manifestarono i primi segni di declino: le continue guerre contro la Svezia, di cui reclamava il trono, l’intervento in Moscovia durante il periodo dei torbidi e l’ingerenza negli affari interni della Moldavia si rivelarono fallimentari e provocarono l’indebolimento del paese.

La piazza del Castello
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Il lato principale della piazza è occupato, come si può facilmente intuire, dal magnifico Castello Reale che ospitò i sovrani polacchi fino al 1795, anno in cui Stalislao II Augusto Poniatowski venne costretto ad abdicare ed il paese venne spartito tra Prussia, Russia ed Austria, sparendo di fatto dalle carte geografiche fino al 1918. A partire da quella data, fino all’invasione tedesca del 1939, il castello fu residenza dei presidenti della neonata repubblica polacca. L’edificio, come tutto ciò che è stato descritto fino a questo momento, venne scientificamente raso al suolo come rappresaglia nel 1944, ma di questo parlerò più avanti. È comunque significativo che le rovine del castello vennero rimosse soltanto nel 1971, mentre per la ricostruzione del complesso bisognò aspettare il 1988 grazie ad ingente capitale proveniente da donazioni private. Passeggiando oggi per le strade della Città Vecchia non si ha minimamente il sospetto delle distruzioni subite da Varsavia durante gli anni ’40 e ciò è dovuto ad un meticoloso lavoro di ricostruzione durato decenni. La riedificazione si basò su una serie di schizzi e di panorami dipinti da Bernardo Bellotto, nipote del Canaletto, che trascorse gli ultimi anni della sua vita nella capitale polacca.

L’ebreo con la moneta in vetrina
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In realtà la ricostruzione di Varsavia non fu del tutto precisa, in quanto escluse volutamente tutto il retaggio ebraico. Le autorità, ad esempio, non fecero nessuno sforzo per riedificare la Sinagoga Grande, fatta esplodere dai nazisti nel 1943, e non si preoccuparono nemmeno di preservare le rovine, che negli anni Settanta vennero spianate per lasciar spazio ad un grattacielo. Non riesco a capire il motivo di tanta noncuranza, ma un leggero sospetto mi è venuto dopo aver osservato con attenzione la vetrina di uno dei tanti negozi di souvenir. Tra i tanti oggetti esposti scorgo, in bella vista, un pupazzetto raffigurante un ebreo ortodosso – che per altro sembra essere uscito da un manifesto antisemita degli anni ’30 – che regge una monetina. Si tratta di uno Zyd z pieniazkiem, letteralmente “ebreo con la moneta”, un popolare portafortuna che ricalca abbastanza fedelmente lo stereotipo dell’ebreo usuraio. Se nel 2018 un certo antisemitismo strisciante è così palpabile, figuriamoci durante il periodo in cui il regime favoriva in ogni modo il trasferimento degli ebrei polacchi in Israele.

2 pensieri su “Toccata e fuga a Varsavia (25-27 luglio 2018)

  1. Di solito non leggo articoli lunghi, ma il tuo mi ha appassionato.
    Sarà perché frequento Varsavia da almeno 5 anni (la mia compagna è polacca) e mi è piaciuto ri-passeggiare per luoghi che conosco e adoro. O forse perchè ho potuto approfondire le conoscenze su una città che reputo straordinaria.
    Comunque sono arrivato alla fine e ti ringrazio 🙂

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